
LA DISUGUAGLIANZA PER LEGGE
“La disuguaglianza non è inevitabile. La diseguaglianza è una scelta politica, non una necessità economica.” (Joseph Stiglitz)
Oggi sulla stampa si racconta il paradosso di un lavoratore che, pur tutelato dalla Costituzione, non riceve una retribuzione adeguata, inclusa l’erosione dovuta all’inflazione accumulata negli anni. È una storia che parla di numeri, ma riguarda dignità, giustizia e responsabilità politica.
Qui non siamo di fronte a una fatalità economica, ma a un ritardo della politica e delle istituzioni nel rimuovere quegli “ostacoli di ordine economico e sociale” che un altro articolo fondamentale della Costituzione, l’articolo 3, impegna la Repubblica ad affrontare.
La retribuzione non è solo un costo di mercato, è il riconoscimento della persona che lavora, della sua libertà e della sua capacità di contribuire al bene comune. Una retribuzione giusta è quella che riconosce al lavoratore la sua possibilità, il suo diritto a un’esistenza libera e dignitosa. Il lavoro non è solo fatica, ma anche espressione: è lo strumento attraverso cui ciascuno può realizzarsi pienamente come persona e partecipare alla costruzione della società.
È così che l’uguaglianza si fa sostanziale, colmando lo scarto tra i principi e la realtà, tra la norma e la vita vissuta.
Serve una politica che abbia a cuore ciò che oggi rischia di scivolare nella normalità dell’ingiustizia: il diritto a un’esistenza libera e dignitosa non è negoziabile, è il fondamento di qualsiasi patto sociale degno di questo nome.