
LA CITTADINANZA COME ATTO DI GIUSTIZIA, NON DI GENEROSITÁ
In Italia si avvicina un importante traguardo che potrebbe contribuire a ridurre i tempi necessari per l’ottenimento della cittadinanza italiana da parte dei cittadini stranieri. Un traguardo di civiltà e di un nuovo modo di ripensare al futuro collettivo del nostro Paese.
Qualora si raggiungesse il quorum e il risultato del referendum fosse favorevole al sì, si prevederebbe l’abrogazione di un comma di un articolo di una legge del 1992, che attualmente disciplina i tempi di accesso alla cittadinanza.
Restando invariati tutti gli altri requisiti stabiliti dalle altre norme, questa modifica comporterebbe la riduzione - da dieci a cinque anni - del periodo di attesa, per diventare cittadini italiani.
Di fatto verrebbe ripristinata una disposizione prevista da una legge del 1912, vigente in epoca monarchica.
Tale intervento, sebbene possa apparire paradossale, rappresenterebbe oggi un passo significativo nel tentativo di allineare l’Italia agli standard europei in materia di cittadinanza, favorendo l’integrazione, la coesione sociale e la piena partecipazione di coloro che già contribuiscono alla vita del Paese.
La cittadinanza, infatti, non dovrebbe essere concepita come un premio o un traguardo, bensì come il riconoscimento di una condizione di fatto: di legami già consolidati, di appartenenze costruite nel tempo, di diritti e doveri già assunti.
Riconoscere la cittadinanza a chi già vive come cittadino rappresenta un atto di giustizia, non di generosità, e costituisce un passo fondamentale per rafforzare la democrazia, ridurre le disuguaglianze e rimuovere quegli ostacoli che, come previsto dall’articolo 3 della Costituzione, impediscono il pieno sviluppo della persona.
Il referendum sulla cittadinanza è quindi un primo passo non solo di una visione diversa di Paese e del rapporto con alcune delle sue energie sociali ad oggi inespresse. Bisogna uscire dalla retorica populista della paura, ma prendere atto che il tessuto sociale, dalla vecchia legge del '92, ad oggi, è cambiato.
Il #referendum risponde all'indifferenza di una legge che da decenni penalizza migliaia di persone che qui lavorano, pagano le tasse ma non hanno il riconoscimento di cittadini italiani.
L'augurio è che la nostra classe politica abbia sempre più una visione e il coraggio di portare avanti l'integrazione di cui abbiamo assoluto bisogno.
Il tema centrale che la storia oggi ci impone, alla vigilia di questo referendum, è che il benessere di una comunità risiede nella capacità di far convivere identità e diversità, anziché rivendicare un’uniformità che in realtà non esiste: l’identità non è composta da un unico ingrediente, ma è la somma di diverse appartenenze, di più elementi costituenti.