
Europaforum: l'intervento di Ernesto Ruffini
Alcuni passaggi dell'intervento di Ernesto Maria Ruffini all'incontro di EuropaForum svoltosi ieri a Roma.
"Nel 1942 un giovane professore di filosofia del diritto, appena ventiseienne, spiegava che in ogni vita arriva il momento dei bilanci: tra ciò che si è e ciò che si sarebbe voluto essere, tra sogni e realtà, lavoro e aspirazioni, famiglia desiderata e famiglia avuta. Una distanza inevitabile che genera malinconia, perché nessuno può coincidere pienamente con ciò che avrebbe voluto essere. Lo stesso accade in politica.
Il fine ultimo della politica, ricordava, è la giustizia. Una giustizia piena, però, non è mai realizzabile: il destino dell’uomo è avere fame di giustizia, non realizzarla del tutto. Parole di Aldo Moro, allora giovane docente a Bari, che acquistano oggi un peso ancora maggiore se lette alla luce della sua tragica fine.
Da questa consapevolezza discende un monito: non si possono risolvere tutti i problemi di un Paese, ma si possono affrontare uno alla volta, con realismo e attenzione ai bisogni delle persone. Diffidare, quindi, di chi si presenta con la ricetta pronta per risolvere ogni problema e si propone come il risolutore definitivo, come il detentore delle soluzioni assolute.
Il futuro si costruisce soltanto un passo alla volta, includendo tutti, anche chi non condivide le stesse idee, elaborando progetti comuni che ciascuno senta propri. Diversamente, ogni progetto resterà di parte, destinato a essere smontato da chi verrà dopo, in un’alternanza sterile che non produce nulla di duraturo."
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"Considero l’articolo 3 della Costituzione la nostra stella polare. L’uguaglianza ci obbliga a metterci nei panni degli altri. Non a caso i Costituenti hanno scelto il termine “persona” e non solo “cittadino” o “individuo”. Persona, nel teatro antico, era la maschera che permetteva di impersonare e ascoltare altri punti di vista. È questa la radice del principio costituzionale: farsi carico della voce dell’altro, con la speranza che qualcuno faccia lo stesso con la nostra.
I Costituenti non si limitarono a scrivere l’articolo 3, lo vissero. Dopo vent’anni di dittatura e la devastazione della guerra, maturarono la consapevolezza più profonda: la fragilità dell’essere umano e la necessità di affidarsi agli altri.
Da qui nasce l’uguaglianza come fondamento civile. Nessuno può farcela da solo: un Paese cresce solo se valorizza il contributo di tutti, nell’ascolto reciproco e nella responsabilità comune verso il futuro".
(Grazie a Rita Padovano coordinatrice dell'iniziativa)